I crociati di Vidor, primo capitolo

I

- «Devi salutare qualcuno?», chie­se a voce bassa rivolgendosi all’amico che stava accanto a lui, e l’altro, con lo stesso tono di voce, rispose:

- «No, possiamo anche andare», e così dicendo si avviò verso l’usci­ta dell’abbazia.

Il coro stava eseguendo l’ultima strofa di un canto gregoriano e il celebrante, con i suoi chierichetti, si era già ritirato in sagrestia. In chiesa c’era un buon numero di fedeli che si apprestavano a reci­tare la preghiera di ringraziamen­to.

Stefano e Francesco si avviaro­no verso l’auto parcheggiata a po­chi metri dal portone della chiesa, su un prato bagnato da una legge­ra pioggia di novembre, ma prima di andare via volsero uno sguardo al campanile.

In auto Stefano chiese:

- «Vieni spesso in questa abba­zia?».

- «No, perché è aperta solo per pochi giorni all’anno… mi sembra a settembre e a marzo, ma stase­ra, in via eccezionale, il proprieta­rio dell’abbazia ha concesso al sa­cerdote di celebrare la Santa Messa in occasione della ricorren­za dei defunti».

- «Quest’abbazia è privata?», chiese stupito Stefano.

- «Sì, è privata...», confermò Francesco.

- «Sono rimasto meravigliato per i tanti bambini presenti in chiesa e che seguivano senza distrarsi la celebrazione».

L’altro sorrise, ma non fece al­cun commento. Stefano aggiunse:

- «Come si chiama l’osteria per la cena di stasera?».

- «Il nome non me lo ricordo, ma ti posso garantire che si mangia bene!».

- «Ti credo perché sei sempre sta­to una buona forchetta!», ribatté Stefano e per una manciata di se­condi il suo pensiero andò indie­tro nel tempo, quando aveva co­nosciuto Francesco al ginnasio ed erano stati compagni di banco fino all’ultimo anno di un liceo classico intitolato all’eroina niz­zarda Catarina Segurana. France­sco aveva poi proseguito gli studi alla Facoltà di Medicina, mentre lui si era iscritto a Lettere classi­che e da alcuni anni era un ap­prezzato docente di latino e sto­ria, mentre Francesco aveva da poco intrapreso la sua carriera di medico presso un ospedale della provincia di Treviso.

Nel giro di pochi minuti i due amici arrivarono all’osteria: l’ambiente era rustico e accogliente, e una giovane cameriera li fece accomodare a un tavolo non molto distante dal camino acceso e posto al centro di una parete tinteggiata di giallo ocra, e con-segnò loro la carta con le pie­tanze del giorno, creando in loro un po’ d’imbarazzo per la ricca scelta tra i primi piatti e anche per i secondi, soprattutto per quelli a base di carne. Fatte le or­dinazioni i due amici iniziarono a conversare tra loro.

 

Per informazioni sul racconto cliccare sul collegamento: I crociati di Vidor di Carlo Silvano

Commenti

Post popolari in questo blog

15 agosto 1096: da Vidor partono novanta crociati per liberare Gerusalemme

I crociati di Vidor

Giosuè Ferracin, I crociati di Vidor